Maria Santissima,
libera dal peccato originale vede il cuore delle cose, vede la “storia della
salvezza” da dentro. Il vangelo secondo Luca ci propone questo sguardo. Solo
Maria può sentire le parole dell’arcangelo Gabriele nell’Annunciazione a
Nazareth e solo Maria dialoga interiormente con il Suo Dio. Ma se iniziamo a sfogliare il vangelo secondo
Matteo, il mistero del Natale è raccontato dallo sguardo di san Giuseppe, uno
sguardo che vede la “storia di salvezza” da fuori, che ascolta la Parola di
Dio, come noi, non direttamente come Maria Santissima ma dalle conseguenze.
San Giuseppe non riesce a cogliere il significato di quello che gli sta
accadendo da dentro ma deve guardare da fuori quello che gli sta accadendo.
Tutti noi, siamo nella posizione di san Giuseppe, non di Maria Santissima!
Abbiamo dubbi e abbiamo domande, necessitiamo di entrare nelle cose, come san
Giuseppe, un passo alla volta. Infatti la conseguenza più prossima del “peccato
originale” – “un fatto che è accaduto
all’inizio della storia dell’uomo” (CCC.390) – è che siamo complicati e
complichiamo le cose con i ragionamenti. Infatti l’unica idea “geniale” che
viene a san Giuseppe, di buon senso umano, è licenziare in segreto Maria
Santissima affinché non la uccidano (cfr. Mt.1,19). Perché san Giuseppe aveva
delle aspettative, delle attese che crollano davanti a Maria “incinta per opera dello Spirito Santo”
(Mt.1,18), con Maria che non le racconta nulla perché non aveva avuto il
permesso da Dio di rivelarglielo, allora san Giuseppe si sente tradito
personalmente e anche socialmente, perché le donne peccatrici andavano punite
con la lapidazione. San Giuseppe, inizialmente si affida solo a sé stesso,
cerca solo una soluzione tutta umana! Facciamo anche noi così! Ma essere
cristiani non significa seguire il buon senso o essere giusti ma far spazio ad
una Parola che il Signore ci sta rivolgendo proprio nel momento in cui non ci
capiamo più nulla. Questo è il “mistero
del realismo cristiano” in cui le cose non sono mai quello che sembrano. Ad
esempio, quando guardiamo il Crocifisso vediamo che Gesù è morto in croce ma
non è come sembra, la morte non ha l’ultima parola, perché è risorto per
sempre! Allora, dobbiamo recuperare nella fede, in particolare nel tempo di
Avvento, il realismo cristiano che è il non fidarci di quello che sembra la
nostra vita in questo momento, perché c’è un senso molto più profondo. Le cose
non sono come appaiono! L’esperienza della “storia di salvezza” non è una
esperienza immediata, non attira immediatamente la nostra attenzione, ce ne
accorgiamo, dopo, un po’ alla volta, se siamo disposti ad ascoltare la Parola,
come per i discepoli di Emmaus, “i cui
occhi erano incapaci di riconoscerlo” (Lc.24,16) ma poi “si aprirono i loro occhi” (Lc.24,31). La
serva di Dio, la mistica suor Maria Cecilia Baij, riceve per rivelazione da Dio
la conoscenza della vita interiore di san Giuseppe, e scrive: “Il
suo cuore era immerso in un mare di dolore e di amarezza senza alcuna
consolazione, e l'afflitto Giuseppe piangeva inconsolabilmente, e non trovava
conforto al suo grave affanno … Preparò un piccolo fagotto e poi si mise a
riposare un poco per aspettare che si avvicinasse lo spuntare del giorno,
avendo già determinato di partire per tempo perché la sua Sposa non l'avesse
visto, e anche perché non fosse visto da alcuna delle vicine e da altri, per
non avere l'occasione di manifestare ad alcuno la sua partenza”. San Giuseppe non osa domandare nulla a Maria
Santissima, Ella non le può dire nulla e san Giuseppe decide di scappare! La
mistica Maria Valtorta dice che passarono 3 settimane cioè 21 giorni, il tempo
dell’angoscia di San Giuseppe, prima che l’angelo gli apparisse. A
questo punto entra in gioco la questione dei “sogni”, poi “come era solito”, “l’Angelo gli parlò nel sonno” (Mt.1,20)!
San Giuseppe aveva fin da piccolo, ci dice suor Cecilia Baij, questo carisma
dei “sogni”. E mentre il diavolo usa la razionalità, la logica, il “buon
senso”, per portarci all’inferno, sommando tutte le cose che ci sono successe
fino a dire che è tutto perduto, Dio usa l’imprevisto in cui nasconde il Suo
Amore! Bisogna allenarsi a riconosceLo nell’imprevisto, come hanno dovuto fare
i discepoli di Emmaus che benché Gesù camminasse con loro, “i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo”
(Lc.24,16). Allora san Giuseppe sa guardare la sua storia, facendo spazio ad un
imprevisto e con il sogno dell’angelo, la Parola di Dio, che è più grande della
sua logica, del suo “buon senso” e della sua giustizia, leggere quanto gli è
successo! Crede che dentro un imprevisto è nascosto un Bene! L’angelo gli dice:
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere
di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene
dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli
infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt.1,20-21). San Giuseppe,
dice don Tonino Bello, ha dovuto esercitare una fede più grande di Maria
Santissima per accogliere Gesù, intuisce che dentro quella storia che non sa
come andrà a finire, è nascosta la “storia di salvezza”, un Bene più grande!
Invece il male, ci dice che proprio perché non troviamo parole e ragionamenti,
non troviamo il “perché”, non ne vale
la pena affrontare quanto abbiamo davanti a noi! Il Signore è come se ci
dicesse: “Vuoi capire perché ti è successa questa cosa? Allora vivila con me,
accettala fino in fondo”! San Giuseppe è il maestro che ci insegna la via
umana per riconciliarci con la nostra storia che è sempre molto
contraddittoria: accogliere ciò che non si capisce! Nella vita di san
Giuseppe ci sono 3 episodi importanti: 1)Mt.1,18-25: la crisi di san Giuseppe
risolta nella perseveranza nella fede con la risposta dell’angelo nel sogno;
2)Mt.2,19-21: dopo la visita dei Magi, un angelo lo avverte che il re Erode
vuole uccidere Gesù e va in Egitto; 3)Mt.2,22-23: dopo la morte del re Erode,
un angelo lo avverte dall’Egitto di andare a vivere a Nazareth. Di fronte
all’imprevisto c’è chi si incattivisce, c’è invece chi accoglie l’imprevisto
affidandosi a Dio, un giorno alla volta. Addirittura per la santa famiglia
non c’è posto a Betlemme per la nascita di Gesù: “non c'era posto per loro nell'albergo” (Lc.2,7). Addirittura
l’angelo avverte del pericolo-Erode, san Giuseppe, ma non interviene oltre. San
Giuseppe, deve usare la “resilienza”, trasformare un problema in una
opportunità, nella “prova” tirare fuori il meglio da sé stesso! Questo non
significa che il Cielo ha abbandonato san Giuseppe, o ci abbandona, ma che si
fida di noi! Dio ci aiuta sempre nelle prove, a patto che tiriamo fuori la
nostra “resilienza”, la nostra “creatività”! Dobbiamo pregare, così:
“Signore se quello che mi sta succedendo non è roba tua, toglimela, ma se me la
dai tu, dammi la forza di affrontarla”. San Giuseppe in Egitto avrà dovuto
pensare a trovare una casa, a trovare un lavoro, ecc. Addirittura l’angelo
torna ad avvisare san Giuseppe che visto che il re Erode è morto può tornare a
casa, ma san Giuseppe “ebbe paura”
(Mt.2,22) di Archelao figlio di Erode, che si dimostrò peggiore del padre, e
andò ad abitare in Galilea, a Nazareth, sotto il regno di Antipa fratello di
Archelao. Ma Dio sa scrivere dritto sulla nostra paura, come sulla paura di
san Giuseppe! Nelle profezie Gesù doveva nascere a Betlemme (cfr. Mi.5,1) e
andare a vivere a Nazareth (cfr.Mt.2,23) ed è per la paura di san Giuseppe che
andranno a vivere a Nazareth! San Giuseppe ci insegna a non aver paura di avere
paura! San Giuseppe ci insegna la fiducia (1), la resilienza e la creatività
(2) ma anche la capacità di essere profondamente umano fino ad avere paura (3).
Alla fine di questi 3 episodi che coinvolgono san Giuseppe, il vangelo dice
sempre: “Giuseppe, destatosi, prese con
sé il bambino e sua madre …” (cfr. Mt.1,24; 2,14; 2,21)! Qui c’è la formula
di un cristianesimo che si è fatto raggiungere dall’evento dell’incarnazione:
1)Giuseppe “destatosi”, il Vangelo
dopo averci dato la lettura più profonda della vita, il “sogno”, deve
svegliarci dai nostri peccati e dai nostri vizi, deve farci smettere di
nasconderci, di rimandare i problemi e di accettare che la nostra vita è così;
2)Giuseppe “prese con sé il bambino e sua
Madre”, perché nessuno di noi può affrontare la vista senza Gesù e Maria
Santissima, tutto l’evento cristiano si riassume nel prendere con sé Gesù e
Maria. Ma non basta “svegliarsi”
e “prendere con sé Gesù e Maria”,
occorre prendere delle decisioni, come ha fatto san Giuseppe, altrimenti la
nostra vita da “storia di salvezza”
diventa un aborto! La nostra preghiera dovrebbe cambiare la nostra vita
perché alla fine di ogni nostra preghiera dovremmo prendere una decisione. Non
si tratta di “analizzare il problema” senza mai prendere delle decisioni, ma di
decidere! San Giuseppe, obbedisce all’angelo immediatamente, e prende lui le
decisioni del caso! L’esperienza di san Giuseppe non è quella di un Dio che
gli spiega tutto ma che gli dice: “Tu non capisci quello che ti sta succedendo
ma fammi spazio”! San Giuseppe lascia quello che si era immaginato della sua
storia e fa spazio a Dio: “Destatosi dal
sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con
sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che
egli chiamò Gesù” (Mt.1,24-25). Questa è la risposta di san Giuseppe a
quello che gli è successo, non conoscendo i “perché”, e i “come”, ma facendo
spazio, nella sua vita, a Maria Santissima in cinta, così com’è! Anche nella
nostra vita ci sono cose che ci sono che non vorremmo ma anche noi, come san
Giuseppe, non possiamo accogliere il Natale senza far spazio a quello che non
avremmo scelto. Se non facciamo spazio a quello che c’è e non vorremmo, non
significa che quelle cose non esisteranno più, ma che quelle cose continueranno
a comandare nella nostra vita, tirando fuori il peggio di noi, l’infelicità.
La maggior parte delle radici delle nostre infelicità è perché la vita non è
come ce la siamo immaginata e non riusciamo ad accettarla! Il Natale non ci
ricorda solo la incarnazione del Figlio di Dio in Gesù per salvarci – assumere
la nostra vita, purificarci dal peccato ed elevarci alla Sua stessa Vita – ma
viene a dirci che dobbiamo riconciliarci con la “carne” della nostra storia,
con la nostra vita anche se non è come vorremmo e non l’abbiamo capita! È
un atto della nostra libertà, come per san Giuseppe, far spazio nella nostra
vita a quello che non comprendiamo! In quei 30 anni di vita nascosta di Gesù a
Nazareth, san Giuseppe avrà capito qualcosa di più della sua storia, anche se
non tutto ma ora la contempla gloriosa eternamente dal Cielo! Essere
cristiani non è capire e rispondere a tutto ma far spazio a quello che non si
capisce, e per farlo occorre una grande libertà interiore frutto della fede in
Dio! San Giuseppe, nel Natale, ci insegna a fidarci di Dio, facendo le cose
difficili, anche quando ci sentiamo soli, sapendo che Dio si sta fidando di
ciascuno di noi e sta tirando fuori da noi una parte che noi stessi non
conoscevamo, e che conosciamo in quel momento di prova. Allora, possiamo
chiederci: la nostra vita è così attaccata a Gesù e Maria come lo è stata
quella di san Giuseppe? Per san Giuseppe, questa è l’unica ricchezza per cui
vale la pena vivere! Ma questo comporta delle decisioni per la nostra vita,
affinché sia una “storia di salvezza”. A Natale chiediamo al Signore dei
doni, ma dovremmo regalare noi al Signore una decisione importante che
rimandiamo da tempo. Sarebbe bello nella Santa Messa della notte di Natale
dire: “Signore, stanotte sono sveglio al Vangelo, prendo con me te e Maria e ti
regalo questa decisione importante per stare sempre con Voi”. Con lo
Spirito Santo, la forza che Dio ci darà, saremmo capaci di portarla avanti!
Quante volte san Giuseppe avrà pensato che forse aveva sbagliato tutto, che non
ce l’avrebbe fatta e che non c’era una via d’uscita, eppure ogni volta il
Signore gli ha aperto la strada e gli ha dato forza. Quanto è umana la nostra
vita e quanto è il divino che Gesù può seminarci dentro! Se c’è un uomo che ha
trasformato la sua storia in una “storia di salvezza” è san Giuseppe! Il Natale
di Gesù visto con gli occhi di san Giuseppe, ci assomiglia, ed è possibile per
ciascuno di noi!
Buon
Natale a tutti, don Fabio Arlati