(dalla meditazione mattutina nella cappella della "Domus Sanctae Marthae" di venerdì 10 aprile 2014 di papa Francesco) - da "L'Osservatore Romano", sabato 12/04/2014)
«Il diavolo c’è anche nel ventunesimo secolo e noi
dobbiamo imparare dal Vangelo come lottare» contro di lui per non cadere
in trappola. Ma per farlo non bisogna essere «ingenui». E perciò si
devono conoscere le sue strategie per le tentazioni che hanno sempre
«tre caratteristiche»: cominciano piano, poi crescono per contagio e
alla fine trovano il modo per giustificarsi. Papa Francesco ha messo in
guardia dal ritenere che parlare del diavolo oggi sia roba «da antichi» e
proprio su questo ha incentrato la sua meditazione nella messa
celebrata venerdì 11 aprile nella cappella della Casa Santa Marta. Il Pontefice ha parlato espressamente di «lotta». Del
resto, ha spiegato, anche «la vita di Gesù è stata una lotta: lui è
venuto per vincere il male, per vincere il principe di questo mondo, per
vincere il demonio». Gesù ha lottato con il demonio che lo ha tentato
tante volte e «ha sentito nella sua vita le tentazioni e anche le
persecuzioni». Così «anche noi cristiani che vogliamo seguire Gesù, e
che per mezzo del battesimo siamo proprio nella strada di Gesù, dobbiamo
conoscere bene questa verità: anche noi siamo tentati, anche noi siamo
oggetto dell’attacco del demonio». Questo avviene «perché lo spirito del
male non vuole la nostra santità, non vuole la testimonianza cristiana,
non vuole che noi siamo discepoli di Gesù». Ma, si è chiesto il Papa, «come fa lo spirito del male
per allontanarci dalla strada di Gesù con la sua tentazione?». La
risposta a questo interrogativo è decisiva. «La tentazione del demonio —
ha spiegato il Pontefice — ha tre caratteristiche e noi dobbiamo
conoscerle per non cadere nelle trappole». Anzitutto «la tentazione
incomincia lievemente ma cresce, sempre cresce». Poi «contagia un
altro»: si «trasmette a un altro, cerca di essere comunitaria». E «alla
fine, per tranquillizzare l’anima, si giustifica». Dunque le
caratteristiche della tentazione si esprimono in tre parole: «cresce,
contagia e si giustifica». Lo si evince anche dalla «prima tentazione di Gesù» nel
deserto, che «sembra quasi una seduzione. Il diavolo va lentamente» e
dice a Gesù: «Ma perché non fai questo? Buttati dal tempio e risparmi
trent’anni di vita, in un giorno tutti ti diranno: ecco il Messia!». È
la stessa cosa «che ha fatto con Adamo ed Eva». Il diavolo dice loro:
«Assaggiatela questa mela, è buona, darà saggezza!». Il diavolo segue la
tattica della «seduzione»: parla «quasi come se fosse un maestro
spirituale, come se fosse un consigliere». Ma se «la tentazione viene respinta», poi «cresce e torna
più forte». Gesù, ha spiegato il Papa, lo dice nel Vangelo di Luca e
avverte che «quando il demonio è respinto, gira e cerca alcuni compagni e
con questa banda torna». Ed ecco che «la tentazione è più forte,
cresce. Ma cresce anche coinvolgendo altri». È proprio quello che è
successo con Gesù, come racconta il passo evangelico di Giovanni (10,
31-42) proposto dalla liturgia. «Il demonio — ha affermato il Pontefice —
coinvolge questi nemici di Gesù che, a questo punto, parlano con lui
con le pietre nelle mani», pronti a ucciderlo. E qui «si vede
chiarissima la forza di questa crescita» per contagio della tentazione.
Così «quello che sembrava un filo d’acqua, un piccolo filo d’acqua
tranquillo, diviene una marea, un fiume forte che ti porta avanti».
Perché, appunto, la tentazione «cresce sempre e contagia». La terza caratteristica della tentazione del demonio è
che «alla fine si giustifica». Papa Francesco, in proposito, ha
ricordato la reazione del popolo quando Gesù è tornato «per la prima
volta a casa a Nazareth» e si è recato nella sinagoga. Prima tutti sono
rimasti colpiti dalle sue parole, poi ecco subito la tentazione: «Ma
costui non è il figlio di Giuseppe il falegname, e di Maria? Con quale
autorità parla se non è mai andato all’università e non ha mai
studiato?». Dunque hanno cercato di giustificare il loro proposito di
«ucciderlo in quel momento, buttarlo già dal monte». Anche nel brano di Giovanni gli interlocutori di Gesù
vogliono ucciderlo, tanto che «hanno le pietre nelle mani e discutono
con lui». Così «la tentazione ha coinvolto tutti contro Gesù»; e tutti
«si giustificano» per questo. Per Papa Francesco «il punto più alto, più
forte della giustificazione è quello del sacerdote» che dice: «Ma
finiamola, voi non capite niente! Non sapete che è meglio che un uomo
muoia per il popolo? Deve morire per salvare il popolo!». E tutti gli
altri gli danno ragione: è «la giustificazione totale». Anche noi, ha avvertito il Pontefice, «quando siamo
tentati, andiamo su questa stessa strada. Abbiamo una tentazione che
cresce e contagia un altro». Basta pensare alle chiacchiere: se abbiamo
«un po’ di invidia per quella persona o per l’altra», non la teniamo
dentro ma finiamo per condividerla, parlandone male in giro. È così che
la chiacchiera «cerca di crescere e contagia un altro e un altro
ancora...». Proprio «questo è il meccanismo delle chiacchiere e tutti
noi siamo stati tentati di fare chiacchiere» ha riconosciuto il Papa,
confidando: «Anche io sono stato tentato di chiacchierare! È una
tentazione quotidiana», che «comincia così, soavemente, come il filo
d’acqua». Ecco perché, ha affermato ancora il Pontefice, si deve
stare «attenti quando nel nostro cuore sentiamo qualcosa che finirà per
distruggere le persone, distruggere la fama, distruggere la nostra vita,
portandoci alla mondanità, al peccato». Si deve stare «attenti — ha
aggiunto — perché se non fermiamo a tempo quel filo d’acqua, quando
cresce e contagia sarà un marea tale che porterà a giustificarci del
male»; proprio «come si sono giustificate queste persone» presentate nel
Vangelo, che sono arrivate a dire di Gesù: «È meglio che muoia un uomo
per il popolo». «Tutti siamo tentati — ha affermato il Pontefice — perché
la legge della nostra vita spirituale, della nostra vita cristiana, è
una lotta». E lo è in conseguenza del fatto che «il principe di questo
mondo non vuole la nostra santità, non vuole che noi seguiamo Cristo». Certo, ha concluso il Papa, «qualcuno di voi — forse, non
so — può dire: ma padre, che antico è lei, parlare del diavolo nel
secolo ventunesimo!» Ma, ha ribadito «guardate che il diavolo c’è! Il
diavolo c’è anche nel secolo ventunesimo. E non dobbiamo essere ingenui.
Dobbiamo imparare dal Vangelo come fare la lotta contro di lui».