martedì 24 ottobre 2017

HALLOWEEN, UNA FESTA CRISTIANO-CELTICA SVUOTATA DI LUCE DAI PROTESTANTI E RIEMPITA DI TENEBRA DAGLI OCCULTISTI



D – Dove nasce l’idea di fare un incontro su Halloween? In fondo, per tanti, si tratta di una delle tante sagre che animano le nostre città in questi giorni.

R- Il GRIS (gruppo di ricerca e informazione socio religiosa) della Diocesi di Imola è dal 2006, 12 anni, che ogni hanno organizza una conferenza e un momento di preghiera su Halloween. L’idea nasce dal vedere come questa festa cattolico-celtica di preghiera e comunione gioiosa con i propri defunti, Halloween (lett. "Vigilia di tutti i santi"), in modo patologico e kafkiano, sia stata svuotata di luce dai protestanti americani avversi alle ricorrenze dei “santi” e dei “morti” nonché riempita di tenebre a partire dalla “chiesa di satana” californiana di Antony La Vey agli inizi degli anni ‘70, rendendola, progressivamente, anche grazie al cinema, una antifesta della neostregoneria luciferiana – la notte in cui tutti i riti magici vanno a segno – e una antifesta del satanismo, addirittura il capodanno di satana o inizio del nuovo anno satanico. Una demonopedagogia per avvicinare i giovani alle pratiche dell’occultismo, per rendergli simpatico il “lato oscuro”, per fargli credere che non ci sono conseguenze lunghe e dolorose nell’occultismo e questo viene fatto anche nella laicissima scuola in cui viene proposta tutta la simbologia occulta con la scusa dell’insegnamento dell’inglese, quando nella scuola non è possibile più pregare neanche una “Ave Maria”. La falsa festa di Halloween proposta irride la morte, esorcizzandola con maschere truculente, sostituisce alla preghiera piena di speranza per i defunti, ad esempio, l’idolo protettivo della zucca intagliata “a mostro” per tenerli lontano da casa, riproponendo l’antica paura dei defunti – visti come “zombie” e “vampiri” - tipica dei pagani con la paura del “revenant” dei defunti nelle necropoli e propone grandi riti pagani collettivi con al presenza di cartomanti, medium, sedute spiritiche, ecc. Ma solo nella risurrezione di Cristo in cui le tenebre sono state definitivamente sconfitte e siamo nella “comunione dei santi” c’è l’unico motivo possibile della Festa! 

D – Come va trattata al giorno d’oggi questa festa che non è cattolica ma ha sempre più consenso soprattutto tra i giovani? 

R- La festa di Halloween (“All Hollow’Eve”)  significa letteralmente “Vigilia di Tutti i Santi” ed è una festa cattolicissima, l’alba della santità, la festa dei martiri e dei confessori della fede – coloro che hanno sofferto per Cristo – i primi santi nella Chiesa! I celti-irlandesi festeggiavano “Samhain (“fine dell’estate”) che aveva come centro il 1° novembre, il capodanno celtico, per i “magazzini pieni” e pregavano i loro defunti che credevano fossero vivi nella landa eterna posta oltre il grande oceano di occidente chiamata “Tir nan Og” per ottenerne l’aiuto spirituale e materiale nel terribile passaggio dall’estate all’inverno che avrebbe portato a tutti prove e sacrifici e per alcuni malattie e morte. I morti dovevano trovare nelle case celtiche da mangiare e da dormire, altrimenti facevano rimostranze ai vivi; da qui il ritornello “dolcetto o scherzetto”. Come quando noi sogniamo i nostri defunti che ci tirano le orecchie, richiamandoci al loro ricordo nella preghiera al cimitero e a una vita di Luce nei sacramenti. I defunti celti devono trovare le case celtiche illuminate con le rape intagliate predisposte a lucerna. Allora si capisce come il folklore di questa festa celtica ha trovato piena corrispondenza nei cristiani; infatti come scrivono Tertulliano e san Gregorio di Nissa, già nel II secolo d.C. i santi venivano festeggiati nella Chiesa. Ecco l’inculturazione cristiana della festa di Samhain: 1)la vittoria della Vita sulla morte (la “festa di tutti i santi”, 1 novembre); 2)la comunione piena di speranza eterna realizzata con i defunti (la “commemorazione dei defunti”, 2 novembre); 3)la vittoria pasquale sugli inferi e sulla morte (la “festa di San Martino”, 11 novembre). Pertanto la festa di Halloween, festa di gioiosa comunione con i defunti non viene “espropriata” ma viene valorizzata dalla Chiesa e il GRIS diocesano lo fa particolarmente attraverso il momento della “via lucis” dei “martiri” e dei “confessori” della fede dell’anno, evidenziando come i cristiani sono la “etnia” più perseguitata del mondo ma che di fronte alla “cristianofobia”, testimoniano ancora più con vigore la Fede; sono luce del mondo in Cristo-Luce in un mondo che è sempre più affascinato dalle tenebre e dalle tenebre di peccato!  

D – Quale significato ha la leggenda di Jack O’Lantern che interpreta modernamente il significato di Halloween nella zucca?
Jack O’Lantern, buffa figura caricaturale, da il senso profondo di questa festa. Si tratta di un avaro irlandese di nome Stingy Jack che invitò satana a bere, offrendogli l’anima in cambio di uno scellino e presa la moneta la pose accanto ad un crocefisso e ciò impedì al diavolo di prendergli l’anima. Cosa avvenne? Che una volta morto a Stingy Jack non fu impedito solo di accedere al paradiso ma anche all’inferno tanto che il diavolo lo colpì al volto con un tizzone ardente e lo condannò a vagare per la terra con il volto in fiamme. La zucca vuota illuminata ricorda dunque il povero Stingy Jack. Il significato? La semplice pedagogia irlandese-cristiana secondo cui non si deve scherzare con il fuoco, immergersi nell’occultismo, venire a compromessi con il male, con Satana e il peccato, perché c’è sempre un prezzo da pagare e le conseguenze possono essere molto spiacevoli come per il povero Stingy Jack alias Jack O’Lantern. Il contrario della falsa antifesta di Halloween occultista, proposta attualmente ai giovani che istiga ad un desiderio storto di “tenebra” partecipando alle “opere infruttuose delle tenebre” che per san Paolo vanno “condannate apertamente” (Ef.5,11)! 

D –  Quali sono le tradizioni romagnole, se ce sono, al riguardo di Halloween?

R- In Romagna dove anticamente c’erano i Galli, popolazione celtica, nei nostri nonni c’era l’usanza che per Ognissanti, di alzarsi di buonora e i letti erano lasciati liberi per il riposo degli antenati defunti che vi tornavano a riposare stanchi del viaggio percorso per l’eternità ma non senza mettere – per l’occasione – lenzuola candide e profumate di bucato e preparare piatti speciali dei “morti” pieni di calorie per rifocillarli da questo faticoso viaggio; c’era anche l’usanza de “la carità di murt” in cui i poveri andavano di casa in casa ricevendo cibo dalle persone cui bussavano e più spostati verso il Veneto c’era l’antica usanza – molto prima degli americani – di mettere una candela all’interno di una zucca trasformandole in lanterne o “lumere” come simbolo della risurrezione. Niente a che vedere con la demonopedagogia del falso Halloween stregonesco attuale!

D – Cosa afferma la Chiesa al riguardo di Halloween?

R – Il recente documento della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, “Religiosità alternativa, sette, spiritualismo” del 2013 afferma che “il cristiano non può accettare tale festa [il falso Halloween stregonesco] così come è proposta oggi, in quanto è legata strettamente ad atteggiamenti superstiziosi ed è contraria all’autentica vocazione cristiana”. Afferma autorevolmente il vescovo Luigi Negri: “[Il falso Halloween stregonesco] non fa riferimento ad una salvezza che viene dall’alto [Cristo]. Offuscato dal rumore e dai colori della festa si può trovare un modo godereccio e superficiale di esorcizzare la morte, di tenerla lontana, dimenticarla eliminarla dalla vita … La morte, per il cristiano, trova luce solo alla luce del mistero della risurrezione di Cristo e della sua promessa che la nostra vita non finirà. Evitare questa fatica sostituendola con una superficiale evasione, può voler dire non solo censurare la morte, ma anche non prendere sul serio la vita”. Svegliamoci!

D – Quale sono in sintesi i motivi per non partecipare al falso Halloween stregonesco?

R – Le ragioni sono: 1)si tratta di un rito occultista e idolatrico di evocazione almeno implicita del demonio e la Chiesa raccomanda di non frequentare luoghi in si evocano le “potenze”; 2)si tratta di una demonopedagogia per accogliere l’occultismo come “fuoco che non brucia” e una idea di vita e morte patologica e anticristiana; 3)si tratta di riti collettivi che evocando il demonio hanno lo scopo di allontanare l’aiuto dei santi per diventarne una preda più facile; 4)si tratta di una paradia della morte che fa credere che i nostri defunti ci sarebbero ostili così rubando a loro la preghiera preziosissima di questi giorni e il loro aiuto nella “comunione dei santi”; 5)si operano veri e propri riti, sotto forma di gioco o scherzo o false “rievocazioni storiche”, per avviare i giovani a pratiche che induriscono e uccidono l’anima immortale; 6)si tratta di una “apostasia della fede” in cui si sostituisce l’unica mediazione universale di salvezza di Cristo e della Sua Chiesa con il ricorso a pratiche gnostico-esoteriche di auto-illuminazione luciferina; 7)si tratta di accogliere un clamoroso falso storico nel capriccio della ricerca di uno “sballo” esoterico a “buon mercato” per non affrontare mai il proprio limite e la propria fragilità alla Luce di Cristo; l’unico che sa assumere tutte le nostre fragilità, le purifica e le eleva fino a farne trasparenza del Suo Amore. Amen.

Don Fabio Arlati
Direttore del GRIS di Imola

SANTE MESSE PER "TUTTI I SANTI" E LA "COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI"

  • "TUTTI I SANTI", MERCOLEDI' 1 NOVEMBRE - ORE 10,30 
 
  • "COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI", GIOVEDI' 2 NOVEMBRE - ORE 7,30; 10,30; 21,00.

lunedì 26 giugno 2017



 





Eucaristia – Comunione sulle labbra o SULLA MANO?


 
L’istruzione “Redemptionis Sacramentum”, 25 marzo 2004, è il documento in cui san Giovanni Paolo II, esprime la sua preoccupazione davanti agli abusi liturgici e agli abusi eucaristici. C’è un DIRITTO a ricevere la “santa Comunione in bocca” – “(RS 92) “ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione
in bocca
” – e un PERMESSO di riceverla in mano “grazie” alla discutibile presa di posizione della CEI il 3 dicembre 1989 per un solo “voto” di differenza – (RS 92) “nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia”, si tratta quindi di una facoltà concessa, un indulto, una grazia che per natura sua è ancora lontana dal costituire un diritto e che, in quanto tale, può essere limitata o addirittura revocata dall’autorità competente senza detrimento alcuno per la giustizia.
A sostegno di questo, l'attuale prefetto per la Sacra Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il card. Sarah ha affermato recentemente: «l'attuale legislazione contiene l'indulto di ricevere l'eucaristia in piedi e in mano, ma quella di riceverla in ginocchio e sulla lingua è la norma dei cattolici di rito latino». Ma nel 1974 la stessa “Conferenza Episcopale Italiana”, aveva saggiamente deciso, prima della clamorosa svolta del 1989, che si doveva mantenere l’uso “tradizionale” nella distribuzione della Santa “Comunione in bocca”, infatti, sul “Rito della Comunione”, al n. 21, si legge: «Nel distribuire la Santa Comunione “si conservi” la consuetudine di deporre la Particola sulla lingua dei comunicandi; consuetudine che poggia su una tradizione plurisecolare …». Infatti, a comprova di ciò, il documento “Redemptionis Sacramentum” subito impone delle limitazioni, come ad esempio quella di badare con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro; (RS 92) “Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli”. Inoltre il PERMESSO di riceverla in mano è subordinato al giudizio ultimo del Sacerdote che si trova a distribuire il Sacramento, infatti, il documento aggiunge che “se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli” (RS 92). Cosa significa “se c’è pericolo di PROFANAZIONE?”. Il documento, dopo aver parlato del “pericolo di profanazione”, aggiunge, È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada” (RS 93). Pertanto nelle ostie poco compatte e ricche di frammenti, in particolare nei frammenti non purificati che rimangono sulla mano, ci si può trovare nel reale pericolo di una profanazione di ciò che di più santo e adorabile abbiamo: la santa Eucaristia che, come insegna il Concilio di Trento (Sessione XIII, Can. 3, DS 1653), anche nella più piccola parte contiene Cristo tutto e integro, in corpo, sangue, anima e divinità: “Se qualcuno negherà che nel venerabile sacramento dell’eucaristia, il Cristo tutto intero è contenuto in ognuna delle sue specie e in ogni parte di ciascuna specie, quando venisse divisa: sia anatema”. Tuttavia, alla coscienza del singolo sacerdote, al suo “foro interno” come “ministro ordinario dell’Eucaristia” (CIC, can.910) che agisce "in persona Christi", compete  il giudizio ultimo pratico sulla possibilità di distribuire la comunione sulla mano, secondo quanto si evince dalla istruzione “Redemptionis Sacramentum”,  il quale è tenuto a valutare di volta in volta i singoli casi concreti. Dice san Giovanni Crisostomo: “Anche se qualcuno per ignoranza si accosta alla Comunione, impediscilo, non temere. Temi Dio, non l’uomo … Sarò disposto a morire, piuttosto di dare il sangue del Signore ad una persona indegna; verserò il mio sangue, piuttosto che dare il versato sangue del Signore in modo inadeguato”. Qualsiasi ingerenza o imposizione in merito, potrebbe dunque sembrare ed essere recepita come una illegittima violazione del foro interno. D’altronde, nessun fedele potrebbe pretendere di ricevere la comunione in mano, in quanto nessuno può reclamare un diritto che di fatto non esiste, e nessun superiore può imporre questa prassi in modo indistinto, chiedendo quasi una sospensione del giudizio, poiché nessuno può violare il sacrario della coscienza di un uomo che appartiene solo al Signore. Inoltre l’Ostia non si può mai “prendere” ma la si “riceve” dalle mani del sacerdote – “è sempre stata tradizione della chiesa di Dio che i laici la ricevessero dai sacerdoti, mentre i sacerdoti celebranti si comunicassero da sé. Quest’uso deve a buon diritto e con ragione essere conservato in quando deriva dalla tradizione apostolica” (Concilio di Trento, DS 1648) - tanto che dice Tertulliano: "Non la riceviamo dalla mano di altri, nec de aliorum manu sumimus" (Cfr. Liber de Corona, III, 3-P L., tomo li, col. 79) e papa S. Sisto I (Papa dal 117-al 136) scrisse: "Solo i ministri del culto sono abilitati a toccare i sacri misteri: hic constituit ut mysteria sacra non tangerentur nisi a ministris" (cfr. “Liber Pontificalis”, tomo I, p. 57-Mansi I. 653; e cfr. "regesta Pontificum Romanorum", p. 919). S. Leone I (Papa dal 440 al 461) voleva che il Sacramento dell'Eucarestia si ricevesse tramite la bocca: “hoc enim ORE sumitur quod Fide tenetur" (cfr. P L., tomo 54, col. 452). Papa Agapito I nel 536, compì un miracolo di guarigione improvvisa durante la Messa: "cumque ei Dominicus Corpus mitteret in os", cioè dopo aver dato l'Ostia consacrata nella bocca. S. Tommaso d'Aquino, il maggior dottore della Chiesa cattolica (1225-1274), si fece eco della prescrizione apostolica di “ricevere” l’Eucaristia sulle labbra: "La distribuzione del Corpo di Cristo appartiene al Sacerdote per tre motivi: in primo luogo, perché è lui che consacra, tenendo il posto di Cristo. Ora, è Cristo stesso che ha consacrato il suo Corpo nella Cena, ed è Lui stesso che lo ha dato agli altri da mangiare. Dunque, come la consacrazione del Corpo di Cristo appartiene al Sacerdote, altrettanto appartiene a lui la distribuzione. In secondo luogo, il sacerdote è stabilito intermediario tra Dio e il popolo. Di conseguenza, come a lui spetta l'offrire a Dio i doni del popolo, altrettanto spetta a lui donare al popolo i doni santificati da Dio. In terzo luogo, per il rispetto dovuto a questo Sacramento, nulla può toccarlo che non sia consacrato. Per questo motivo, il corporale e il calice vengono consacrati, ed altrettanto le mani del Sacerdote vengono consacrate per toccare questo Sacramento, e nessun altro ha il diritto di toccarlo, se non in caso di necessità" (Cfr. Summa Teologica, Ill.a pars, q. 82, a. 3). Ancora adesso la Chiesa ci avverte del pericolo del “sacrilegio” che “consiste nel profanare o trattare indegnamente i sacramenti … è un peccato grave soprattutto quando è commesso contro l’Eucaristia” (CCC.2120) o nel “ricevere uno dei sacramenti dei vivi [Cresima, l'Eucaristia, l'Unzione degli infermi, l'Ordine e il Matrimonio] sapendo di non essere in grazia di Dio” (Catechismo Maggiore di San Pio X, n°544). Il profeta Isaia avverte dell’importanza di “essere purificati” per “toccare gli arredi del Signore” (Is.52,11) e a nessun laico era permesso toccare i “vasi sacri” nella chiesa; “alcun laico ardisca toccare i vasi sacri” (Card. Giuseppe Agostino Orsi, “Istoria Ecclesiastica”, Libro 54, 1778, n°433)! Nello stesso VAT II non si dice nulla sulla pratica della comunione sulla mano, tant’è il 12 ottobre 1965, una lettera del “Consilium”, l’Organo addetto all’esecuzione della “Costituzione” conciliare sulla Liturgia del VAT II, “prega vivamente” la Conferenza Episcopale Olandese «perché si torni dappertutto al modo tradizionale di comunicarsi» dall’abuso liturgico della “comunione sulle mani” perché Papa Paolo VI «non ritiene opportuno che la Sacra Particola sia distribuita sulla mano e assunta, poi, dai fedeli in vario modo loro proprio; e prega, pertanto, vivamente, la Conferenza che dia le opportune disposizioni perché si torni, dappertutto, al modo tradizionale di comunicarsi». Papa Paolo VI sulla pratica della “comun unione sulle mani”, consultò l’episcopato universale, il cui esito fu chiaramente significativo: 1.233 “no”, contro 567 “sì”, (e, anche di questi, ben 315 con riserva!). Così, lo stesso “Concilium” dovette riconoscere che c’era “una larga maggioranza assoluta contraria alla nuova prassi”! Subito dopo, Paolo VI volle lui stesso, deliberatamente, «moderare la diffusione indiscriminata di quest’uso». Il “Consilium” (per l’attuazione della Costituzione liturgica), preparò allora una lettera per la consultazione delle Conferenze episcopali, inviata alla Segreteria di Stato il 18.10.1968. In questo testo, alle parole: «per mandato esplicito del Santo Padre», Paolo VI aggiunse di suo pugno, tra parentesi, la seguente decisiva limitazione: «che non può esimersi dal considerare l’eventuale innovazione con ovvia apprensione»! Nella votazione che ne seguì, più della metà dei Vescovi si dichiarò contro la nuova prassi. Di conseguenza, il 29 maggio 1969,  l’Istruzione “Memoriale Domini” della Sacra Congregazione del Culto, approvata da papa Paolo VI, riconosceva che la maggioranza dei vescovi non voleva che si toccasse l’antica disciplina e richiamava che il modo tradizionale della Comunione doveva essere conservato e che era la legge tuttora in vigore perché rispondeva al bene comune della Chiesa. Vi diceva, infatti: «Vescovi, sacerdoti e fedeli sono vivamente esortati ad attenersi all’uso tradizionale, in ossequio al giudizio della maggior parte dei vescovi, per rispetto all’attuale legislazione liturgica e per riguardo al bene comune della Chiesa». Anche la “Institutio generalis” dell’ultima edizione del “Nuovo Messale Romano”, promulgata il 26 marzo 1970, ristabiliva espressamente la pratica della Comunione tradizionale con due precisazioni che figurano agli articoli 80 e 117. Nell’articolo 80, infatti, tra gli oggetti che si devono preparare per la celebrazione della Messa, c’è il “piattello”, (“patina pro communione fidelium”) e, all’articolo 117 vi si descrive il modo con cui si deve compiere la Comunione; e cioè: il sacerdote presenta l’Ostia al fedele, dicendo: “Il Corpo di Cristo” (Corpus Christi), e il fedele risponde: “amen!”; e, «tenendo il piattello sotto il suo volto, egli riceve il Sacramento». Nell’Eucaristia – come il profeta Ezechiele che si prostrò in adorazione a terra e ricevette sulle labbra, aprendo la bocca, la Parola di Dio (cfr. Ez.2) o il profeta Isaia (Is.1) che ricevette il carbone infuocato sulle labbra segno della Comunione, “non semplice pane ma pane unito alla Divinità” (S.Giovanni Damasceno) – veniamo allattati spiritualmente dal nostro Dio e prima di riceverlo lo adoriamo. Ricordiamo dallo studio del vescovo, Mons. Athanasius Schneider, “Dominus est” del 2008, p.42.43.57: “Nella Chiesa antica gli uomini prima di ricevere il pane consacrato dovevano lavarsi il palmo della mano. Inoltre il fedele s’inclinava profondamente ricevendo il Corpo del Signore con la bocca direttamente dal palmo della mano destra e non della mano sinistra. Il palmo della mano serviva per così dire come patena o corporale (specialmente per le donne). Così si legge in un sermone di san Cesario di Arles (470-542): «Tutti gli uomini che desiderano comunicarsi, devono lavare le proprie mani. E tutte le donne devono portare un lino, sul quale ricevono il corpo di Cristo». Di solito il palmo della mano fu purificato ossia lavato dopo la ricezione del pane eucaristico … la prassi [Comunione in piedi e sulle mani] nasce nel 16° secolo [con Zwingli e Calvino e loro successori che negavano la presenza reale] … una prassi simile si osservava nelle comunità di Calvino a Ginevra … [senza alcuna fede nella Presenza Reale e senza alcun atto di Adorazione verso la Presenza Reale]. Scrive papa Benedetto XVI nella esortazione apostolica “Sacramentum caritatis” al n°66: “Ricevere l’Eucaristia significa porsi in atteggiamento di adorazione verso Colui che riceviamo”. Non c’è modo migliore di ricevere l’Eucaristia in “grazia di Dio”, inginocchiati e sulle labbra, il modo in cui la Madre Chiesa ci ha sempre insegnato!




LA SETTA DEI “CASIANI” CHE RIFIUTAVA DI RICEVERE LA COMUNIONE SULLE LABBRA. LA SETTA DEGLI “ARIANI” CHE FACEVA LA COMUNIONE IN PIEDI E SULLA MANO … E LE PRIME COMUNITà LUTERANE CHE RICEVEVANO LA COMUNIONE IN BOCCA E IN GINOCCHIO … COMUNIONE IN PIEDI O IN GINOCCHIO?

Il Sinodo di Cordoba nell’839 condannò la sètta dei cosiddetti "casiani" a causa del loro rifiuto di ricevere la sacra Comunione direttamente in bocca. Poi il sinodo di Rouen nell'anno 878 ribadì la norma vigente della distribuzione del Corpo del Signore sulla lingua, minacciando i ministri sacri della sospensione dal loro ufficio, se avessero distribuito ai laici la sacra Comunione sulla mano. Già nel primo millennio, a causa del carattere altamente sacro del Pane eucaristico, la Chiesa sia in Occidente si in Oriente in un ammirevole consenso e quasi istintivamente ha percepito l'urgenza di distribuire la sacra Comunione ai laici solamente in bocca. Nel VI sec. d.C., come testimonia lo stesso San papa Gregorio Magno nell’opera “Dialoghi”, in Occidente si osserva il ambienti monastici il gesto di prostrarsi e inginocchiarsi prima di ricevere il corpo del Signore e in Oriente nelle chiese greche e siro-orientali si prescriveva una triplice prostrazione prima di accostarsi alla sacra Comunione. San Francesco d’Assisi quando in lontananza vedeva un campanile, si inginocchiava e adorava Gesù presente nella santa Eucaristia. Come ha insegnato ai bambini santi di Fatima, l’angelo del Portogallo, a fare la Comunione nel 1916? Arrivò l’angelo con l’Eucaristia, lasciò l’Ostia grondante sangue sul Calice sospesi in aria, si prostrò adorante e anche i bambini si inginocchiarono e si prostrano con il volto a terra, facendo giaculatorie di riparazione insieme all’angelo per i “poveri peccatori” e quindi l’angelo fece loro la Comunione. San Pio X inserì esplicitamente nel suo “Catechismo Maggiore” questo venerando costume liturgico: "... Nei momenti di ricevere la santa Comunione, bisogna trovarsi in ginocchio, tenere la testa lievemente alzata, gli occhi modestamente rivolti verso la santa Ostia, la bocca sufficientemente aperta, con la lingua un pochino avanzata sul labbro inferiore. Bisogna tenere la tovaglia o il piattello (patena) della Comunione in modo che essi ricevano la santa Ostia se dovesse cadere... Se la santa Ostia si attaccasse al palato, bisognerebbe distaccarla con la lingua, e giammai con la dita". (Catechismo Maggiore, parte IV, c. IV, & 4). C’è uno stretto legame tra l’adorazione e la Comunione – tanto che i fedeli si inginocchiavano alla balaustra, in segno di adorazione, per ricevere sulle labbra l’Eucaristia - infatti diceva il Card. Ratzinger: “la Comunione raggiunge la sua profondità solo quando è sostenuta e compresa dall’adorazione” (Card. Joseph Ratzinger, “Introduzione allo spirito della liturgia”, 2001, p.89). I soli che si comunicavano in piedi e con la mano, furono gli Ariani; ma questi negavano la divinità di Cristo e vedevano nell'Eucarestia solo un semplice simbolo d'unione. Vi sono sacerdoti che vietano la Santa Comunione in ginocchio ma questo non è possibile, afferma la Sacra Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti nel 2002;[c’è forte preoccupazione nel constatare come giungessero] «notizie di fedeli (…) cui veniva rifiutata la Santa Comunione ove non stessero in piedi per riceverla, invece che in ginocchio» e «che tale politica era stata annunziata ai parrocchiani»”. Nel corso del tempo, SOTTOLINEAVA LA CONGREGAZIONE, la politica di ricevere la santa Comunione in piedi e sulla mano sia divenuta una prevaricazione. La Sacra Congregazione si diceva inoltre «preoccupata di fronte al numero di tali lamentele ricevute negli ultimi mesi da varie direzioni, e ritiene che qualsiasi rifiuto della Santa Comunione ad un fedele sulla base del suo modo di presentarsi sia una grave violazione di uno dei più fondamentali diritti del fedele cristiano, precisamente quello di essere assistito dai suoi Pastori per mezzo dei Sacramenti (CIC 213). (…) Anche ove la Congregazione abbia approvato norme sulla posizione del fedele durante la Santa Comunione, in accordo con gli adeguamenti ammessi alla Conferenza Episcopale dall'Istituzione Generalis Missalis Romani 160 comma 2, ciò è stato fatto colla clausola per cui su tale base non si potrà negare la Santa Comunione ai comunicandi che sceglieranno di inginocchiarsi». Se San Paolo ci insegna che, “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fili 2:10), quanto più dobbiamo piegare le nostre ginocchia quando riceviamo il Signore nel sublime e intimo atto della Santa Comunione! Pertanto:
1-La Storia della “pietà eucaristica” dimostra che il frutto della pietà dei Padri della Chiesa ha portato le Chiese sia in Occidente che in Oriente all’uso di INGINOCCHIARSI e fare la COMUNIONE IN BOCCA.
2-La Chiesa prescrive l’uso del PIATTINO DELLA COMUNIONE per raccogliere i frammenti (cf. Messale Romanum, Istituto generalis, n°118) e che il Vescovo di lavi le mani dopo la distribuzione della Comunione (cf. Caeremoniale episcopo rum, n°166).
3-Nella sacra Comunione la Chiesa chiede gesti di adorazione come le donne che si sono prostrate in adorazione davanti al Signore nel giorno della Resurrezione.
4-Davanti al Signore dobbiamo farci nutrire spiritualmente come bambini ricevendo direttamente in bocca la Comunione.
5-La Chiesa prescrive che durante la celebrazione della Santa Messa ogni fedele debba inginocchiarsi, non sarebbe opportuno allora riceverlo nella Comunione, inginocchiati?
6-Ricevere Gesù sulle labbra e inginocchiati non sarebbe una testimonianza forte nel mistero eucaristico, nella presenza Reale di Cristo?
7-Prostrarsi in adorazione e ricevere l’Eucaristia sulle labbra è segno di quel “con amore e con timore” che era l’adagio dei Padri della Chiesa.